
Testo tratto dalla Guida Turistica “Trasacco” dell’Archeoclub d’Italia 1996
CHIESA DEI SS. RUFINO E CESIDIO
Storia della chiesa
La tradizione vuole che essa si innalzi sui resti dell’antico palazzo imperiale di Claudio. Si ritiene, infatti, che Rufino vescovo, quando nel 237 circa fu inviato dal papa a spargere nella nostra regione il seme evangelico, stabilì la sua dimora in Missino Transaquas e scelse alcuni locali, per consacrarli in oratorio, tra i resti del presunto palazzo imperiale realizzato al tempo del tentativo claudiano di prosciugamento del lago (I sec. d.C.).
Ancora oggi è vivo tra i cittadini ed i pellegrini, che numerosi accorrono ogni anno alla chiesa, il culto del martirio del vescovo Rufino e del prete Cesidio, a cui venne reciso di netto il braccio destro, mentre qui con i fedeli rinnovava il sacrificio eucaristico. Questi con i cristiani lì raccolti, vittime della strage compiuta dai soldati di Massimino il Trace, trovarono degna sepoltura nel luogo dove erano stati sacrificati.
L’antico tempio sembra che nell’anno 936 sia stato depredato ed incendiato dagli Ungari durante una delle tante scorrerie e ricostruito immediatamente dopo. Certo è che l’attuale edificio, di impianto duecentesco, fu sicuramente costruito su uno più antico, testimoniato dal ritrovamento di reperti alto medioevali e dagli atti delle donazioni di alcuni conti dei Marsi alla chiesa, ancor prima del secolo XIII (documenti dell’archivio parrocchiale). Ripetitivo sarebbe elencare le diverse elargizioni dei Conti poiché già ampiamente trattato nella storia medioevale di Trasacco che per lungo tempo fu sostanzialmente legata a quella della chiesa, diventata uno dei primi luoghi di culto cristiano nella Marsica.
C’è da aggiungere che nel 1618 la basilica subì un’ulteriore significativa ristrutturazione quando furono annessi il Coro d’inverno, la Sagrestia, le due piccole braccia del transetto e la quarta navata ad opera di Cicerone de Blasis. Tale ampliamento si rese necessario per far fronte alle esigenze di spazio dovute all’afflusso dei pellegrini che qui accorrevano per venerare i SS. Rufino e Cesidio.
Vanno altresì citati i lavori di rafforzamento, sia all’interno sia all’esterno del campanile, eseguiti probabilmente verso la fine del XVIII secolo – inizi del XIX, che hanno fatto assumere alla torre campanaria quella forma particolare con la quale oggi si presenta al visitatore. Agli inizi del ‘900, forse qualche anno prima del sisma del ’15, venne demolito il muro di recinzione degli atri; nel 1904 era ancora visibile quello delle donne. Nella chiesa sono state operate altre modifiche dopo il terremoto che distrusse, irrimediabilmente, le volte a vela della navata centrale e la parte alta del campanile dalla forma piramidale. Poi ancora un altro intervento quale l’abbattimento della Cappella della Madonna della Neve (inglobata nella quarta navata) per rendere più larga e funzionale la strada di accesso alla piazza.
Il recente restauro, eseguito dal 1967 al 1969, ha cercato di far rivivere il volto medioevale della Basilica eliminando ogni sovrastruttura, soprattutto barocca, che alterasse questo stile originario. L’adesione ad un tempo passato, però, non ha ricreato il volto primitivo, ma ha operato un adattamento che ci restituisce la possibile immagine della chiesa quale doveva apparire nel XIII secolo.
Esterno
La basilica, rivolta ad oriente, ha due porte d’ingresso che si aprono su una piazza, di forma quadrangolare, molto suggestiva. La massa della chiesa e la mole del campanile, posto a destra sul lato frontale, sovrastano tutti gli edifici circostanti.
La facciata è quella tipica a capanna, ove la navata centrale domina su quelle laterali.
La navata di sinistra viene appena alla vista, coperta, com’è, dalla costruzione postuma dell’Oratorio della Concezione che, protraendosi in avanti, chiude la piazza sul lato sud ed occupa lo spazio di quella parte che, nel Medioevo, fu l’atrio frontale.
Lo spiovente del suo tetto si prolunga di molto perché esso è un tutt’uno con quello della quarta navata aggiunta nel XVII sec..
Un protiro rinascimentale posto dinanzi alla porta centrale (detta “delle donne”) della navata maggiore, copre all’incirca la metà della parete.
Anche la navata di destra è nascosta dalla grande mole della torre campanaria che occupa, con la sua forma tronco – piramidale, tutto lo spazio della navata stessa. Questa, nel fianco destro ci appare come un semplice rettangolo nel cui centro è posto il Portale degli Uomini, considerato oggi uno dei più bei capolavori dell’architettura romanico – rinascimentale. Ai lati due nicchie che un tempo ospitavano statue rinascimentali.
Anche un osservatore molto distratto a questo punto non avrà potuto ignorare la presenza del campanile che condiziona tanta parte della visione esterna della basilica e che impressiona per la sua struttura più unica che rara quale ora si presenta.
Ha una forma di piramide tronca dove si erge la campanaria quadrangolare a conci di pietra con frammenti di sculture e abbellita da una merlatura decorativa. Sulla sommità una piccola lanterna con una croce di ferro. Esso si innalza, possente e dominante, costruito in pietra ben squadrata ed allineata agli angoli, in vista composta alla rinfusa, nelle riquadrature.
Presenta, inoltre, nella parte alta frammenti di plutei e di fregi di monumenti funerari romani, sicuramente provenienti da altro luogo ed inseriti nella campanaria ricostruita dopo il 1915.
Nella parte posteriore della basilica è ben visibile la grandezza della navata centrale con una finestra bifora dalle caratteristiche tardo gotiche. L’apertura, a strombatura esterna, è sormontata da un arco a tutto sesto, abbellito da una leggera cornice, ed è divisa da una colonnina ottagonale, che porta un capitello con fogliame d’acanto, sostenente due archetti a sesto acuto con trilobature, il cui centro è alleggerito da un’apertura a quadrifoglio.
La Porta delle Donne
Ciò che oggi è visibile non è il portale per intero, ma quello che rimane a causa delle numerose trasformazioni che la chiesa ha subito continuamente, sia all’interno sia all’esterno. Per analogia si può constatare che esso fosse l’ingresso principale perché corrisponde alla navata centrale. Attualmente appare secondario, rispetto a quello degli uomini, e ciò che ha fatto perdere il suo antico valore è stata l’aggiunta dell’Oratorio della Concezione e il portichetto a volta.
La porta presenta tre stipiti scolpiti, una colonna con scanalature, ove sono inseriti elementi naturalistici (foglie, uva, ecc…), e capitelli decorati con foglie traforate.
Sullo stipite di destra (partendo dal basso verso l’alto) si notano un animale fantastico, inserito nel primo girale, una figurina, nel secondo, e così via con un’alternanza di uomini ed animali, per un numero di sette meandri; l’ultimo in alto è semplice.
Sullo stipite di sinistra si ripete lo stesso tema, ma i girali sono in numero di nove. Particolare interessante è la figurina che compare nel primo meandro in alto, perché vestita, ha in testa una corona e sta cogliendo un grappolo d’uva, per niente preoccupata della presenza degli animali. Lo stesso tema si trova sullo stipite architravale, ma qui tutto è più curato e le figurine appaiono naturali e sciolte nei movimenti. Troviamo anche, nel quarto girale da destra, la figurina vestita.
Interessante è osservare queste figurine di esseri umani che, per distinguersi (i maschi dalle femmine), mostrano il sesso.
Il tema da ravvisare potrebbe essere quello del bene e del male, il bene visto nelle figurine umane, il male negli animali.
Uno stemma occupa parte della lunetta.
Sulla parete di sinistra si trovano vari elementi scultorei quali un capitello ed un animale senza testa. Sia il Portale delle Donne sia quello degli Uomini ci dicono di quanta ricchezza fosse adorno il santuario e testimoniano l’antichissimo uso, tuttora in vigore, di tenere, separati nel tempio, i due sessi.
Il Portale degli Uomini
Ciò che colpisce di questo portale è la maestosità scultorea ed architettonica con cui si presenta ed “inganna” con tutta la sua romanica imponenza.
Si cambia subito parere quando, più da vicino, si cominciano a notare diversi stili e diverse forme che fanno pensare ad un’opera che ha avuto più periodi di costruzione. Il suo posizionamento ci appare oggi misterioso ed inconcepibile e si crede che un tempo fosse la porta centrale del primitivo oratorio che si estendeva da Nord a Sud.
Anche la sua datazione è motivo di scontro tra antichi e recenti studiosi: c’è chi lo vuole interamente realizzato nel XII secolo, (come l’Angelini); c’è chi ritiene appartenere al XII secolo soltanto gli elementi interni del portale (i sei stipiti centrali che presentano sculture romaniche come la “porta delle donne” e i protomi animali), (come il Piccirilli); c’è chi afferma, (come il Toesca), essere ampliamento del XV secolo perché presenta gusti del primo Rinascimento, anche se il tema dominante nelle fasce sono le volute ad intreccio. Si nota, poi, una differenziazione di stile che va da un tipo di intreccio più robusto e meno perfetto, come sugli stipiti più interni, per trovare, a coronamento della lunetta, girali più sottili e raffinati. Tale diversità si potrebbe attribuire ad una collaborazione di più artisti appartenenti ad una stessa scuola.
Il portale è caratterizzato da strombatura adorna di colonnine tortili, stipiti diversamente scolpiti, che proseguono nell’archivolto, e da tre arcate impostate su capitelli con decorazioni floreali e zoomorfe.
Dal piccolo basamento, rifacimento dell’ultimo restauro, si innalzano, alternandosi dall’esterno verso l’interno nei due lati, una colonna tubolare, lo stipite decorato con dieci elementi giraliformi (su quello di sinistra 6 sono semplici, 4 sono intrecciati con elementi decorativi e simboli cristiani, come un pavone e degli amorini vendemmianti; su quello di destra gli elementi sono tutti semplici), una elegante cornice decorativa con la funzione di addolcire lo spigolo, una colonna tortile, quindi lo stipite ornato da nove formelle quadrate con fiori stilizzati e diversi tra loro, caratteristica questa dello stile romanico – abruzzese, (curiosità: la sesta formella a destra, in parte rovinata, presenta una testa di angelo con ali. Perché? Le ultime tre sono andate distrutte), di nuovo una colonna tortile, infine lo stipite dove si ripetono i motivi spiraliformi (su quello di sinistra 7 girali, su quello di destra 8).
Anche sullo stipite architravale sono stati scolpiti girali ed amorini ma in forma più raffinata e sottile.
I capitelli, dalla tipica eleganza rinascimentale, sono caratterizzati da figure femminili con corpo d’uccello (arpie) la cui coda genera un elemento floreale che orna la parte centrale del capitello stesso e fa quasi da sostegno ad un volto di angelo con ali o ad un vaso dalla linea classicheggiante. Questi terminano con una cornice spezzata e marcano la linea di separazione tra l’architrave e l’archivolto.
All’altezza dell’imposta fanno bella mostra di sé due protomi animali, simili, anche se meno curati nella realizzazione, a quello che si trova sotto il protiro della “porta delle donne”.
Nell’archivolto si alternano fasce decorate e colonne tortili, il tutto entro una cornice semplice di poco sporgente.
Nella fascia esterna, al cui centro è visibile l’Orifiamma di S. Bernardino da Siena, è accentuato il ripetersi della diversità di queste decorazioni; in quella interna il gioco dei meandri è dato dall’aggrovigliarsi delle code di uccelli fantastici.
Nella fascia intermedia le formelle portano scolpito teste d’angeli, con ali di pregevole fattura, e si differenziano di molto rispetto all’esecuzione scultorea degli amorini e degli animali presenti nel resto della composizione.
Nella lunetta, dall’intradosso decorato con elementi floreali, racchiusi in piccole formelle, si notano appena tracce di colore, resti di un affresco del XV – XVI secolo.
Il portone ligneo, risalente secondo alcuni al periodo rinascimentale, che una volta chiudeva l’ingresso, è oggi visibile dietro quello attuale.
I battenti sono suddivisi in quattro quadranti incorniciati da motivi a treccia semplice. Nei due quadranti superiori, più piccoli rispetto agli altri, gli intagli sono mancanti ma si intravedono tracce di festoni; in quelli sottostanti sono stati scolpiti due mascheroni, in quelli ancora inferiori due rosoni a sbalzo imitanti la corolla di un fiore stilizzato, negli ultimi due non è visibile alcun intaglio, perché coperti da una “moderna” tavola di legno.
Interno
L’interno della chiesa, liberato da tutte le sovrastrutture barocche, appare al visitatore semplice ed austero. La pianta, a croce latina, disposta in due assi tra loro esattamente perpendicolari, è difficilmente leggibile a causa dell’aggiunta della quarta navata che la rende unica nel suo genere.
Ciò che colpisce, appena si entra, è il piano della pavimentazione non omogeneo e scaturito dall’ultimo restauro (1967-1969) quando si è voluto indagare sull’interramento delle basi di alcuni pilastri. Sono venuti alla luce resti di pavimentazione antica sia alla base di diversi pilastri, ove si nota un tipo di pietra locale alquanto rozza, sia nel mezzo delle prime due campate, dove è posizionata una intera lastra con alcuni cenni di decorazione a cerchi concentrici.
Nel presbiterio, rialzato rispetto al transetto, dominano l’ambone, capolavoro del 1200, ed il sarcofago del X – XI secolo, adattato a mensa eucaristica; nella zona absidale vi è il coro ligneo al di sopra del quale, sulla parete di fondo, una bifora trilobata di stile tardo gotico illumina e mette in risalto il caldo colore della pietra di costruzione. La parte sottostante la tribuna è occupata da una cripta alla quale una volta si accedeva anche mediante una scalinata centrale, ora eliminata.
La copertura della navata centrale, a capriate scoperte, è decorata con piastrelle rettangolari di terracotta ove sono dipinti fiori stilizzati che fanno assumere alla volta le caratteristiche del legno dipinto. Le navatelle laterali del XIII secolo e la quarta navata del XVII hanno coperture a vela con archeggiature ogivali.
Appena si entra nella basilica dalla Porta delle Donne un piccolo spazio coperto dal balcone, dove è posto la cantoria dell’organo, fa da ingresso; alla sua destra vi è l’accesso al campanile (1). Sempre sulla destra, scendendo alcuni gradini, è stato situato il fonte battesimale (2) costituito da una vasca rettangolare con fini intagli romanici; nella parete, un quadro della scuola romana del 600 dove è raffigurato il Battesimo di Gesù.
Proseguendo lungo la navata si può ammirare il Monumento di S. Caterina di Alessandria (3) di puro stile tardo gotico che certamente era stato posto in altro luogo perché manca delle due colonnine terminali. Il Febonio, nel “Catalogo dei vescovi dei Marsi” afferma che l’edicola doveva appartenere alla distrutta chiesa di S. Caterina situata in località Fossa della Villa. Tutta l’opera ha un aspetto poco dinamico e proporzionato a causa della pesantezza della parte culminante del tempietto e della cimasa, dell’abbondante panneggio delle vesti della Santa e della grave fattura delle due figure laterali, simili a telamoni. Sotto l’edicola due bassorilievi con i simboli della passione.
Subito dopo si nota un “…affresco rappresentante S. Michele Arcangelo (4) dipinto come un giovane bellissimo in atto di dare con la mano destra il colpo fatale mentre con la sinistra sorregge la bilancia che pende sull’angelo ribelle, in segno di estrema condanna” (Angelini “Trasacco e i suoi tesori”). Ignoto ne è l’autore ed incerta la datazione, ma per lo stile con cui si presenta si è portati a collocarlo agli inizi del 400.
Nella lunetta, sopra il Portale degli Uomini, vi è raffigurata un’Annunciazione (5); il motivo è quello classico: l’Arcangelo Gabriele che annuncia a Maria il mistero dell’incarnazione. Anche questo dipinto è di autore ignoto e databile intorno al 400.
Nelle vele della seconda e terza campata vi sono i resti di affreschi quattrocenteschi facenti parte di un intero ciclo pittorico sul tema dei Misteri della Redenzione.
Il primo raffigura S. Luca Evangelista (6) che regge un libro aperto con le parole: “In illo tempore Angelus Domini apparuit Mariae…”; il secondo presenta l’immagine della Madonna con il Bambino (7). (Vedi fig.25)
Nella terza campata un altare, dedicato a S. Giuseppe (8), di stile rinascimentale, è della scuola brunelleschiana e presenta una tela di scuola romana del 600.
Oltrepassato il braccio destro del transetto, ove è custodito un massiccio Crocifisso (9) in legno di fattura manieristica, una porticina permette l’accesso a due ambienti: la cripta e la sagrestia.
La cripta (10) è caratterizzata da tre locali: nel primo vi è un altare con un reliquiario dei SS. Martiri di Trasacco, nel secondo due angusti corridoi danno la possibilità di vedere o di accedere ad un terzo dalle dimensioni molto piccole e contenente solo l’urna di cristallo con altre reliquie. In quest’ultimo la volta a botte presenta frammenti di pittura attribuibili al XIII sec. con le effigi di S. Cesidio in abito sacerdotale e con la palma in mano, di S. Rufino vescovo con abiti pontificali e, nella mandorla, l’immagine di Gesù Redentore.
Nella sagrestia (11) l’altare, l’arredo ligneo e le pitture delle lunette e della volta colpiscono piacevolmente il visitatore che non si aspetta di trovare un locale così pieno di opere di grande ricchezza e finezza.
Un lungo e maestoso armadio (12), occupa tutta la parete ovest compresa fra le due finestre che danno luminosità alla grande stanza. La parte superiore, più stretta rispetto a quella inferiore, presenta riquadrature delineate da paraste a quattro scanalature con capitelli corinzi intrisi di elementi ionici. Gli sportelli, dai disegni molto delicati e sempre differenti, incantano per la loro raffinatezza; il medesimo ricamo presenta la fascia lignea che completa la parte alta, incastonata entro una cornice dagli intagli a dentelli.
Il mobile di base stupisce ancor di più per la perfetta simmetria delle figure e la stupenda finezza delle stesse.
Suddiviso dalle paraste in nove specchi ne presenta sette sulla parete principale e due ai lati.
Sulla riquadratura di centro domina la figura di S. Cesidio circondata da due rami di palma, simbolo del martirio; a sud quella di S. Rufino e a nord una figura che potrebbe essere Alessandro martire.
Sugli altri sportelli si osservano facce di angioletti delle quali una sola presenta il fiocco terminale sotto il mento (uno solo è decorato con fiore stilizzato).
Nelle paraste si ammirano figure umane due delle quali intere e le rimanenti hanno la parte inferiore caratterizzata da giochi di intaglio (cfr. Angelini, op.cit.).
Non meno interessante è il mobile in legno dorato (13), probabilmente del XVII secolo, che si trova a sinistra della porta d’ingresso (per chi entra dal presbiterio) forse non appartenente per diversità di lavorazione al complesso della sagrestia, e che nella parte superiore presenta un quattro specchi dipinti: S. Cesidio (primo in basso a sinistra) S. Rufino (in basso a destra) le Sante Aquilina e Niceta ed un’altra figura, forse quell’Alessandro, convertito da Cesidio e Rufino.
Ad est vi è il grande armadio per i paramenti sacri (14) che ha paraste con rudenti sormontate da capitelli di ispirazione dorica.
Non sfugge all’attenzione l’altro mobile (15) che occupa la parete nord caratterizzato da un lungo cassone e da un basamento ligneo con la funzione di ripostigli nonché di gradino. Interessante è l’alzata che presenta 10 specchi abbelliti da festoni con fiori e frutta e separati da paraste.
Le lunette della sagrestia, affrescate da un ignoto autore, descrivono la storia dei SS. Rufino e Cesidio e testimoniano anche la vita del XVII secolo, in quanto il pittore ha saputo mescolare sapientemente elementi del passato e quelli del suo tempo. I dipinti furono fatti eseguire dall’Abate Antonio Leonardi Petrei nel 1687 e costituiscono, dato il complesso dell’opera, un ciclo assai raro di un’arte popolare.
“Gli episodi rappresentati sono quelli classici desunti dagli atti dei Martiri conservati nell’archivio della Basilica, atti completati da quelli di Assisi, di Pistoia e di Rieti. Le vesti dei SS. Rufino e Cesidio sono quelle antiche usate nelle funzioni liturgiche; ma il resto si ispira alla moda delle corti spagnole del XVII secolo… .
Da rimarcare anche il continuo riferimento nei particolari alla città di Assisi con la chiesa di S. Rufino, il tempio di Minerva e la rocche che sovrastano la città umbra avallando così la tradizione popolare che era per la identicità di S. Rufino di Trasacco con quello di Assisi” (Angelini op. cit.).
Nella volta un altro affresco raffigurante la gloria dei Santi con una riproduzione di Trasacco entro le mura, capolavoro d’arte dello stesso periodo di quello del ciclo della vita dei Santi. (Vedi fig.26)
Uscendo sulla destra è situato il coro monastico (16), altra insigne opera lignea che come stile non si distacca molto dai mobili della sagrestia e perciò databile nello stesso periodo. Collocato nella zona absidale, ha pianta rettangolare e si compone di un solo ordine di stalli.
I 18 scanni sono separati da volute sulle quali poggiano larghi e semplici braccioli. L’alzata è caratterizzata da specchi molto lineari e paraste sormontate da capitelli corinzi, finemente intagliati. Il baldacchino è arricchito esternamente da una cornice decorata.
Un’importanza fondamentale è da attribuirsi all’Altare Maggiore (17): esso non è altro che un sarcofago con simboli che stilisticamente lo fanno risalire al periodo della chiesa primitiva.
Nella parte frontale la superficie è divisa in due riquadri con simboli disposti simmetricamente: a sinistra due leoni che si affrontano, a destra due pavoni alla fonte, attorno una decorazione vegetale.
L’ambone (18), il “pezzo” più pregiato della basilica, oggi usato come lettorino, faceva parte in origine di un pulpito andato distrutto.
Nel mezzo è scolpita a bassorilievo una colonnina che divide la superficie in due; su di essa è raffigurato l’Agnello Crocifero. Nei due campi: alla destra l’Angelo ed il Leone, a sinistra l’Aquila e il Toro, simboli dei quattro Evangelisti; negli spazi liberi liste di mosaici con tessere bicolori. La composizione è delimitata in alto da un fregio con ovuli vegetali.
L’ambone viene datato intorno metà del XIII secolo e fu quanto di meglio si seppe comporre nella Marsica dopo l’arrivo dei marmorari romani.
Scendendo, sul terzo pilastro di sinistra sono visibili frammenti di affreschi (19) rappresentanti una Crocifissione e S. Giovanni in atteggiamento di pianto, resti di un intero ciclo pittorico andato totalmente distrutto.
In fondo alla navata di sinistra è situata la Cappella del Santo Cesidio (20), del XVIII secolo, con un altare riccamente decorato in oro ove è custodita la statua lignea del Santo, fatta scolpire nel 1425 dall’Abate Alessandro Iacobucci.
La parte superiore della cupola è interamente affrescata; l’opera pittorica è stata eseguita verso la fine del secolo scorso da un non meglio identificato Boccanera di Avezzano.
Sulla superficie dei quattro pennacchi di raccordo sono raffigurati i quattro dottori della chiesa occidentale: S. Girolamo, S. Ambrogio, S.Agostino e San Tommaso; sul tamburo ottagonale troviamo sette quadri di grosse dimensioni (l’ottavo è occupato dalla parte terminale della decorazione dell’altare del Santo) che narrano interventi miracolosi di San Cesidio e i fatti principali della sua vita. Da sud osserviamo:
“…nel primo quadro due episodi della vita del Cardinale Baronio: la madre che prega S. Cesidio
per il felice esito per la creatura che porta in grembo e la notizia misteriosa che ebbe il Cardinale
della morte della sua adorata Genitrice.
il secondo … vuole ricordare il miracoloso intervento di S. Cesidio verso i Trasaccani … assaliti
Marco di Sciarra… .
Con il terzo … inizia la breve storia del Santo con due episodi: l’entrata furiosa dei soldati romani
in chiesa mentre Cesidio sta celebrando la messa ; l’attimo dopo che … subì la privazione del
braccio destro e fu ucciso.
Il quarto … è dedicato al glorioso martirio delle due donne Aquilina e Niceta… .
Il quinto l’arresto dei SS. Martiri e la loro deportazione a Roma;
…nel sesto … il momento in cui i SS. Martiri vengono liberati dal carcere con l’intervento di un
angelo.
Il settimo ed ultimo quadro … il secondo arresto di S. Rufino e la sua definitiva condanna a
morte” (Angelini op. cit.).
Sulla cupola è dipinta l’apoteosi di S. Cesidio con una schiera di angeli che lo portano in alto, verso Dio. L’opera rimane come ultimo esempio dell’attaccamento delle facoltose famiglie di Trasacco alla loro Basilica.
A sinistra della Cappella del Santo si giunge alla quarta navata dove sono stati eretti quattro altari di notevole importanza architettonica.
Il primo, dedicato alla Madonna della neve (21), nel tempo ha subito varie manomissioni e rifacimenti e non si trova nella posizione originale poiché fu spostato di qualche metro in avanti quando si volle abbattere la cappella di destra del transetto per creare, all’esterno della basilica, una strada più ampia.
L’altare si differenzia dagli altri perché presenta negli elementi interni e nei due piccoli rosoni chiusi caratteristiche che lo avvicinano alla scuola di Leon Battista Alberti.
Successivamente troviamo l’altare della Madonna di Loreto (22) voluto dalla famiglia Marinetti nel 1918 ed attualmente privo della mensa; quindi l’altare della Madonna delle Grazie (23) “privilegiato e in perpetuo”, come si legge nella fascia architravale. Fu spostato insieme all’affresco in esso contenuto nel 1618 quando si costruì la quarta navata. La pittura, raffigurante la Madonna con il Bambino, presenta caratteristiche rinascimentali.
I fedeli trasaccani hanno una predilezione particolare per questo altare e per il dipinto perché, puntualmente ogni anno, qui veniva allestito il presepe e celebrata la Santa Messa della notte di Natale.
L’altare di S. Tommaso (24) con caratteristiche architettoniche della scuola brunelleschiana, con un quadro del 600, è l’ultimo della navata.
Dalla chiesa si può accedere direttamente all’Oratorio della Concezione (25) che prende il nome dalla confraternita che lo fece costruire.
E’ un’aula leggermente trapezoidale che all’interno, come pure all’esterno, presenta caratteristiche architettoniche e decorative imitate dalla chiesa, quali il tetto a capriate scoperte con fiori stilizzati su piastrelle ed archi a sesto acuto.
Appena si entra vi sono due arcate poggiate su piloni rettangolari con colonne addossate, a spina di pesce quella centrale (quella di destra è scomparsa).
I capitelli presentano foglie di acanto e non sono che la ripetizione di quelli del “porta delle donne”. Sulla pilastrata di centro si innalza, su di un piedistallo ornato da uno scudo gentilizio, la statua della Vergine benedicente (26) contornata da un’edicola composta da due colonnine tortili con arco trilobato. Tutta l’opera si presenta elegante ed armoniosa.
Sulle pareti sono stati affissi durante i lavori di restauro del 1968 fregi figurati relativi a monumenti funerari romani rinvenuti fuori della chiesa.